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La festa del “papà” (ovvero “SCUSA MA CHE COS’è UN BABBO???”)

Chiariamo subito: io NON HO MAI AVUTO un “papà”.

Mi spiego meglio: è vero che sono nata e cresciuta a Roma, ma le mie fortissime e nutrientissime radici umbre (dell’Alta Tuscia, oserei dire ANCHE per darmi anche un certo tono!) mi hanno IMPEDITO di avere un “papà”.

Di contro ho sempre avuto un “babbo“…e vi giuro che c’è una bella differenza! A parte il fatto che in qualche modo si ristabillisce una certa “parità” con la parola universalmente risonosciuta come la più dolce del mondo (“mamma“, ovviamente), sia perchè ha lo stesso numero di lettere, sia perchè la presenza della doppia BI ti riempie la bocca allo stesso modo….provateci a pronunciare scandendo: BAABBBBBBOOOO…è un suono PIENO, RICCO, NON SCIVOLA VIA, RESTA Lì… e poi la presenza della desineza maschile ti dà proprio l’idea dell’autorità, della forza buona, quella che protegge.

Linguistica da strapazzi a parte, il “babbo” è un’altra entità rispetto al “papà”…non nel senso di meglio o peggio, ma proprio nel senso che sono 2 cose diverse: io l’ho capito da subito all’asilo, quando parlando con le mie amichette io dicevo “sai? il mio babbo ha i baffi!” oppure “il tuo babbo di che squadra è? Il mio è della juve“…fino a che un giorno una di loro mi ha chiesto: “scusa ma CHE COS’è UN BABBO????” Il mio stupore, ovviamente, mi lasciava quei 3 0 4 secondi basita, ma poi (chi mi conosce lo sa), difficilmente perdo la parola e sopratutto la voglia di usarla e cominciavo PIUTTOSTO STRANITA a spiegare cos’è un BABBO.

Prima di tutto è il marito della mamma…e qui era facile…e poi il babbo …è il babbo, insomma, c’è da quando sono nata, è lì da sempre, è quello che ti prende in braccio quando sei stanca, è quello che ti ci metti a cavallo sulle gambe appena finito il pranzo, è quello che alla sera quando torna a casa fa due squilletti di campanello e tu corri  alla porta a dargli un bacino, è quello che “guarda che lo dico al babbo…”, è quello che ha le mani grandi grandi (quasi come quelle della nonna!)…è quello che quando sei grande ti vergogni un po’ a presentargli il fidanzato perchè è un po’ come se lo tradissi, però poi è quello che quando ti ci sposi con quel fidanzato, mentre ti accompagana all’altare ti sussurra “su, via, piano piano, un passo dopo l’altro…”

Insomma, chi ha un BABBO, come me, lo sa, non c’è festa del papà che tenga o che renda giustizia…però è anche vero che abbiamo questa giornata da dedicargli: perciò AUGURI BABBO, anche se non sei un papà…ma in effetti per me sei sempre stato meglio!!!!!!

La Poesia del Cappuccino

Già mentre sto arrivando

dal buio invernale della mia vita in collina

ti vedo sei di spalle, Nina,

(e metti su la tazza grande o quella piccola)

che ormai riconosci dai fari dell’auto l’avventore.

Per me, lo sai, è cappuccio e cornetto

e un minuto o due, forse anche tre, ma non di più,

con te che ti alzi e lavori a queste ore.

…guardi in su…

– Oggi Giove?

– Sì, Giove…

– Due euro.

– Ciao. Scappo: fuori c’è nebbia e forse piove.

Le mani grandi, forti, capaci di fare tutto…

Ero abituata a vederle lavorare, non stavano mai ferme le tue mani: da quando al mattino mi aiutavi a lavarmi e vestirmi (mi pettinavi i capelli, ti assicuravi che non avessi pieghe o pelucchi sui vestiti, mi allacciavi i bottoni del grembiule e poi i lacci delle scarpe…) a quando mi accompagnavi a scuola… che una mano teneva forte la mia per attraversare insieme la strada, mentre l’altra faceva cenno all’autista di aspettare che anche noi arrivassimo alla fermata (alle medie poi che non mi accompagnavi più, mi aspettavi sul balcone all’ora dell’uscita e le tue mani si alzavano in segno di saluto non appena svoltavo dall’angolo della strada e mi vedevi apparire).

Le tue mani velocissime sapevano rifare i letti e spolverare in poco tempo, perchè la loro vera sapienza era quella di dedicarsi all’arte della cucina: lì sì che erano mani di fata! Con grande maestria e padronanza di tutti i più svariati strumenti da lavoro culinario, le tua mani tagliavano cipolle, sminuzzavano e battevano prezzemolo e aglio, facevano preziosi tocchetti delle carote da mettere nel sugo…e poi mescevano generosi pizzichi di sale e dense gocce d’olio della Sarciata, giravano sapienti il contenuto delle pentole, che già dalle 9.00 della mattina mandavano in tutta la casa un odorino saporito, deliziosa promessa per l’ora del pranzo e della cena.

E nel pomeriggio, per riposarti, le tue mani si divertivano a far correre i ferri da calza…”cotone d’inverno e lana d’estate“, oppure a piegare la molta biancheria di una famiglia di cinque persone… a volte a fare piccoli rammendi nelle calze o nei pigiami o a ricucire  i bottoni dei miei grembiuli di scuola.

Ma la cosa più bella, quella che davvero mi incantava al solo guardarti, era osservare le tue mani che modellavano l’impasto per un dolce, una crostata o le ombrichelleLe tue mani erano grandi, forti e capaci di fare tutto, ma più ancora del resto, la meraviglia delle meraviglie era quando tiravi la sfoglia per le tagliatelle: lì erano energia creativa allo stato puro: il mattarello sembrava una bacchetta magica e la sfoglia al tuo tocco schioccava e s’affinava (ma restava ruvida, come piaceva a noi) e più schioccava e più voleva dire che uno era bravo, mi avevi detto.

E le tue mani le ricordo bene anche quando tiravano i miei capelli o mi minacciavano schiaffoni nelle tante e lunghe estati che stavamo da sole senza il babbo e la mamma, quando eri tu a dare orari e regole, a decidere se sì o no.

E le tue mani sono la cosa che ho nel cuore più di tutto perchè è con le mani che abbiamo comunicato fino all’ultimo io e te, ed è la tua mano grande, forte e capace di fare tutto che avrei bisogno mi stringesse ancora, ogni tanto qui nella mia vita in collina…magari anche solo per un attimo, una volta sola, una volta ancora.

Quattro Febbraio…Acquario…37…

L’Acquario mi è sempre piaciuto…anzi, in barba a tutti gli altri, trovo sinceramente che sia il segno più figo dello Zodiaco; anche essere nata nel mese di Febbraio mi piace, perchè febbraio è il mese “strano” dell’anno, ha una durata tutta sua e però ogni 4 anni cambia…è pieno inverno (e può anche nevicare), ma si ricomincia ad apprezzare l’allungarsi delle ore di luce…E poi mi piace anche il giorno: quattro…è un numero equilibrato, o per lo meno promette equilibrio. Mi fa pensare alle cattedrali gotiche di cui è disseminata la Francia…

A dirla tutta tutta, mi piace anche il 1976…era un anno bisestile, per i cinesi era un anno del Dragone (quindi una figata, in poche parole) e le foto dei miei genitori di quegli anni mi fanno pensare alla sigla di un vecchio telefilm (“Casa Keaton“).

E infine mi piace stare con chi amo…non necessariamente a fare festa, semplicemente trascorrerci del tempo insieme…